Cronaca

Si accascia e muore a 12 anni durante una partita di football. L'ira della famiglia: «Era sano, vogliamo giustizia»

  • Elijah Jordan Brown-Garcia aveva solo 12 anni e come tanti ragazzini della sua età sognava di diventare un giocatore di football americano. Ma il suo sogno si è stroncato all'improvviso, proprio mentre si trovava sul campo da gioco, durante un allenamento. Il piccolo è morto all'improvviso e i genitori non riescono a spiegarsi come sia stato possibile: «Era un ragazzo sano», hanno dichiarato disperati.

    Elijah Jordan Brown-Garcia di Newark è deceduto lo scorso 10 febbraio, racconta il Daily Mail. E i suoi genitori non riescono proprio a capire come sia potuto accadere. «Non è stato colpito. Nessun contatto o altro. Ha corso per circa 20 metri, poi ha chiesto di fermarsi un attimo», racconta il fratello che era con lui in campo in quel momento. E in pochi istanti si è accasciato a terra. Un malore improvviso che resta inspiegabile. Mamma Raven è disperata e non riesce a capire cosa abbia avuto suo figlio: «Era un bambino sano... non so perché venerdì sera fosse il suo giorno. Era così felice di essere lì. Non poteva immaginare che sarebbe stato il suo ultimo giorno».

    A lanciare l'allarme in campo è stato proprio il fratello più piccolo. Mekhi, di 10 anni, ha iniziato a gridare: «È svenuto» e subito gli adulti presenti, tra cui la mamma di Elijah si sono precipitati da lui cercando di rianimarlo versandogli dell'acqua sul viso. Ma di lì a poco hanno capito che la cosa era molto seria.

    La donna ai media ha dichiarato di essere è furiosa perché suo figlio avrebbe potuto essere ancora vivo. «Se qualcuno avesse eseguito le manovre di rianimazione o se l'ambulanza fosse arrivata in tempo, Elijah sarebbe ancora insieme a noi», ha detto disperata. E poi l'accusa all'allenatore. «In quel momento il coach non era in campo, si era allontanando lasciando i bambini senza nessuno. Si è allontanato per prendere le sigarette e al suo posto aveva lasciato un genitore. Adesso chi risponderà del fatto che la persona a cui abbiamo affidato nostro figlio non era presenza al momento della tragedia?».

    Ma sarebbe cambiato ben poco. L'allenatore, infatti, il giorno dopo il dramma ha contattato la famiglia per fare le condoglianze e ha ammesso: «Nessuno di noi è certificato per svolgere le operazioni di rianimazione» e da qui l'appello della famiglia: «Gli allenatori che lavorano con i bambini devono saper svolgere le operazioni di primo soccorso. È inconcepibile che non abbiano alcuna competenza a riguardo. Ed è inconcepibile che nelle vicinanze non ci fosse nemmeno un defibrillatore. Chiediamo giustizia per nostro figlio! Anche l'ambulanza, ad esempio, ha impiegato 30-40 minuti prima di arrivare al campo, non deve più accadere! Nessuno deve soffrire per la morte di un figlio che poteva essere evitata»

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