La data del 22 marzo 2020 ha lasciato un segno nel nostro Paese. In quel periodo l'Italia era alle prese con la fase più dura dell'emergenza Coronavirus: un'esperienza del tutto inedita a cui abbiamo dovuto far fronte senza preparazione, contro un nemico sconosciuto e con poche conoscenze sulla valanga che ci stava travolgendo. La Russia aveva garantito supporto attraverso medici militari e attrezzature: all'aeroporto militare di Pratica di Mare, alle porte di Roma, era atterrato il personale decollato da Mosca. La svolta si era verificata grazie a una telefonata tra l'allora premier Giuseppe Conte e Vladimir Putin. Ma aleggia un mistero su una richiesta particolare dei russi dopo aver messo piede in Italia.
La Federazione Russa aveva annunciato la totale disponibilità a fornire tempestivamente l'aiuto necessario al governo e al popolo italiano. Dispositivi di protezione individuale, ventilatori polmonari, tute protettive, macchine per analisi di tamponi e test (veloci e normali). Ma cosa era accaduto in quei giorni? A scriverlo è Fiorenza Sarzanini sul Corriere della sera, che parla di una riunione (rimasta riservata fino a questo momento) alla quale avrebbero partecipato i vertici militari provenienti da Mosca, quelli italiani del Comando interforze e il Comitato tecnico-scientifico.
Il vertice si sarebbe tenuto alla foresteria militare di via Castro Pretorio, a Roma. Quattro i principali protagonisti al tavolo: il generale Sergey Kikot (vice comandante del reparto di difesa chimica, radiologica, biologica dell'esercito russo), il generale Luciano Portolano (in quel periodo al vertice del Comando operativo interforze), Agostino Miozzo e Fabio Ciciliano (esponenti del Comitato tecnico-scientifico).
La Russia ancora oggi parla di una missione dettata non da opportunismo ma da un senso di compassione e solidarietà verso gli italiani. Era stata ribadita l'intenzione a fare tutto ciò che era importante per proteggere l'Italia dalla minaccia Coronavirus. Ma improvvisamente Kikot avrebbe avanzato una proposta ben precisa, ovvero quella di "sanificare l'intero territorio italiano entrando anche negli ufficci pubblici e in tutte le sedi a rischio". Il condizionale è d'obbligo. E avrebbe sottolineato l'esistenza di un accordo politico "di altissimo livello".
Alla fine la riunione era terminata con il via libera all'ingresso soltanto in alcune strutture sanitarie. In precedenza però si era consumato un duro scontro tra le delegazioni. I membri del Cts, Miozzo e Portolano, avrebbero chiarito che gli interventi si sarebbero dovuti limitare a ospedali e alle residenze sanitarie assistenziali (Rsa). Kikot avrebbe insistito per la sua strada e l'incontro sarebbe stato poi interrotto. Comunque, dopo una serie di consultazioni, l'Italia aveva deciso di non autorizzare quella particolare richiesta dei russi.
"L'esordio di Kikot fu particolarmente intrusivo, ruvido. Parlava come se dovessero bonificare Chernobyl dopo l'esplosione nucleare", racconta Miozzo. Che parla di presunti accordi di alto livello rimarcati dalla Russia, di sanificazioni su tutto il territorio e di tutti gli edifici (compresi quelli pubblici). Il membro del Comitato tecnico-scientifico conferma che il colloquio "fu interrotto varie volte", ma comunque alla fine "con Portolano decidemmo di non accettare alcuna offerta di quel tipo".