Il Parlamento italiano, su richiesta del premier Mario Draghi, ha approvato l'invio di missili anticarro e altro materiale bellico destinato all'esercito ucraino e ai civili che combattono casa per casa contro Putin. Sul significato e le conseguenze di questo passo politico chiediamo un'analisi al generale di Corpo d'Armata Vincenzo Santo, ex capo di Stato Maggiore della Nato in Afghanistan.
Generale Santo, l'invio di armi equivale tecnicamente a una dichiarazione di guerra dell'Italia alla Russia?
«In linea teorica sì, siamo in una situazione di coinvolgimento attivo con una delle parti in guerra. Tuttavia, per esempio, non mi aspetto che i russi mandino un aereo da caccia intercettore Mig a bombardare alla stazione di Trieste un convoglio destinato all'Ucraina. Né che lo facciano nel tragitto attraverso Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia (l'Ungheria, come è noto, non ammette questi transiti). Ma non stupiamoci se un commando di speznatz (così si chiamavano i corpi speciali dell'ex Unione sovietica), travestiti da camionisti lo facciano saltare in aria».