Curiosità

I centri antiviolenza ancora senza soldi!

  •  E' quanto si evince dal monitoraggio di ActionAId. Anche i provvedimenti emergenziali presi durante la pandemia hanno faticato a trovare i destinatari: dei tre milioni previsti dal decreto legge Cura Italia, solo l'1% è arrivato a Cav e Case rifugio (pari a 25mila euro). Circa 142 strutture hanno ricevuto i 5,5 milioni inseriti nel Bando d'emergenza, ma la grande maggioranza non ha potuto accedervi. Il Reddito di Libertà è stato attivato dopo 15 mesi. E la versione definitiva del Pnrr ha tolto spazio al contrasto della violenza di genere.

    Il Viminale, che ha tracciato i casi fino al 21 novembre, ne conta una ogni tre giorni. In media ogni 72 ore una donna viene uccisa: da inizio 2021 le vittime accertate sono 109. Fra queste, 93 omicidi sono avvenuti in ambito familiare, 63 per mano del partner/ex partner. L’emergenza c’è, eppure i fondi per contrastare la violenza di genere continuano a essere manchevoli, o distribuiti poco e male. Lo dice, per il secondo anno di fila, il report ActionAid Cronaca di un’occasione mancata.

    Il problema ha radici lontane e riflessi attuali. Dall’entrata in vigore della legge 119 del 2013, che ha posto le basi per l’attuale sistema di contrasto ai crimini di genere, il Dipartimento per le pari opportunità ha destinato solo il 14% del totale (186,5 milioni) alla realizzazione di interventi di prevenzione. In tutto 25,8 milioni, di cui 19 per prevenzione primaria – realizzazione di programmi educativi nelle scuole e di azioni di sensibilizzazione rivolte all’intera popolazione.

    Purtroppo in tempi più recenti non va meglio: il Piano nazionale antiviolenza per il periodo 2021 -2023 e successivo al triennio precedente, scrive ActionAid, “non è accompagnato da un piano operativo che rende chiare e verificabili le azioni da realizzare e in che tempi”. I Cav, i centri antiviolenza, patiscono finanziamenti che risultano troppo magri, non tanto per quantità, ma per i ritmi: partono e arrivano tardi.

    Sono necessari in media sette mesi per trasferire le risorse dal Dipartimento Pari Opportunità alle Regioni, che, ad oggi, risultano aver erogato solo il 2% dei fondi complessivi e solo in due regioni, la Liguria e l’Umbria. Soldi che però sono disciplinati proprio dalla legge 119/2013, che prevede un finanziamento annuale di almeno 10 milioni per queste strutture. Isabella Orfano e Rossella Silvestre, ricercatrici e autrici del report, si pongono una domanda chiara: “Perché questi soldi non vengono ripartiti quando si sa già che esistono?” E intanto, secondo la D.i.re – Donne in rete contro la violenza, solo il 27% delle vittime denuncia. Le vittime in realtà sono di più. Solo che non si vedono. IN PANDEMIA – L’emergenza sanitaria ha determinato esigenze ulteriori rispetto a quelle già esistenti.

    Ad aprile 2020 Governo e Parlamento, con la Commissione dedicata ai femminicidi, ha cercato di intervenire per aiutare i Cav e le Case Rifugio. ActionAid ricostruisce i percorsi di soldi e destinatari. Era aprile 2020. Oltre ai 10 milioni relativi ai fondi 2019 già in bilancio e sbloccati con la procedura accelerata, il decreto legge Cura Italia ne ha stanziati altri 3 per le spese straordinarie delle Case rifugio, ma solo l’1% è stato liquidato.

     Soltanto più tardi il 29 aprile, è stato emanato un bando d’emergenza: 5,5 milioni di euro. La cifra, spiegano i ricercatori, ha permesso di erogare contributi verso 142 enti gestori. In molti però non sono riusciti a beneficiarne a causa della richiesta di una garanzia, pari all’80% dell’importo, che alcune strutture non sono riuscite a chiedere alle banche. A maggio è stato infine varato il Reddito di Libertà per sostenere le donne in percorsi di fuoriuscita dalla violenza: 400 euro mensili per un massimo di 12 mesi.

    Questa misura è diventata però operativa solo nel novembre 2021 con la circolare dell’Inps che ne regola il funzionamento. È aperta a tutte le donne residenti nel territorio italiano che siano cittadine italiane o comunitarie oppure, in caso di cittadine di Stato extracomunitario, in possesso di regolare permesso di soggiorno. “Incoraggiare l’autonomia economica di chi vuole scappare da contesti di violenza è fondamentale”, commenta Orfano. “Ma anche questa è una misura che va ripensata di anno in anno e al momento non è perciò strutturale”.

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