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Candy Candy, i 40 della ragazza più dolce e tenaci (video)

  • È stata la musa assoluta per due generazioni di bambini e teenager cresciuti a cartoni animati più che a bambole, macchinine e pistole-giocattolo. Capace, com’era, di slanci infiniti e prodigiose resurrezioni alle mille avversità che ne hanno costellato il cammino cartaceo prima, televisivo dopo. Sempre pronta al colpo di fulmine, alla compassione disinteressata; emancipata e a suo modo bandiera alternativa di un femminismo che dall’Occidente si propagava in Oriente per tornare poi alla base sotto forma di spettacolo longseller dal contenuto edificante e spiritualizzato, ma non troppo. Simpatica e gioiosa, pugnace ma gentile, amica sincera fino all’autolesionismo, acrobatica e piena di vita, riccioli d’oro e con quegli occhioni verdi sconfinati e risplendenti nella storia dell’immaginario collettivo del piccolo schermo globale.

    Il primo ottobre del 1976 andava in onda su una tv giapponese la prima puntata del cartone Candy Candy, dall’omonimo manga pubblicato un anno prima dal mensile Nakayoshi. Quarant’anni dell’anime catodico dell’infermiera-baby cresciuta nell’orfanotrofio “Casa di Pony”, inseparabile dal procione Klin. La storia un po’ melò di un’orfanella vissuta nel maelstrom di inizio Novecento (la piccola Candy, all’anagrafe Candy Device), seguita dall’infanzia all’adolescenza, tra l’Inghilterra e gli Stati Uniti, crepacuore dopo crepacuore, traversia dopo traversia poco prima che deflagrasse la Grande Guerra.

    Da noi sarebbe arrivata quattro anni più tardi e dal 1982 al 1997 Canale 5 trasmise le sue 115 puntate, intervallate da cicli abbondanti di repliche che non ne hanno mai logorato il successo. Finirono, liofilizzate in due super-episodi, anche al cinema. Memorabile la sigla, interpretata dai Rocking Horse (uno degli pseudonimi utilizzati dal gruppo Superobots, che vendette 500 mila copie: dieci anni dopo fu sostituita da Dolce Candy, alla voce Cristina D’Avena. Un anno fa le è stato dedicato un libro illustrato, scritto da Lidia Bechis e intitolato Candy Candy. Amori e battaglie della prima grande eroina dell’animazione. Il fenomeno Candy si abbattè come un ciclone sul merchandising italiano legato ai cartoni animati; anzi, contribuì a fondarlo. Una marea di quaderni, block notes, gomme per cancellare, bambole in ogni formato, tazze e piatti dedicati dilagò nei negozi per bambini e nei grandi magazzini. La Fabbri Editore mise in commercio un fumetto-almanacco “candy-candydesco” infarcito di dritte “d’autore” per le giovanissime: dalla musica ai viaggi, dalla cura della persona alla moda. 

     

     
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