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Emanuele De Maria, la telefonata scioccante dopo aver ucciso Chamila: nuovi dettagli

  • La fine tragica di Emanuele De Maria, 35 anni, avviene in un epilogo drammatico: il suo suicidio dal Duomo di Milano. In permesso di lavoro dal carcere, era sotto indagine per aver accoltellato un collega e sospetto nell'omicidio di Chamila Wijesuriya. Un mix di gelosia, disperazione e segnali ignorati hanno segnato il suo destino, aggravato da una telefonata fatta subito dopo il crimine.

    Un passato turbolento celato dietro una facciata di detenuto modello

    Detenuto a Bollate e impiegato in un hotel di Milano, De Maria nascondeva un passato violento e una personalità instabile dietro l'immagine di un detenuto esemplare. Era ossessionato da Chamila, sua collega, al punto di scatenare la gelosia di un altro lavoratore, Hani Fouad Abdelghaffar Nasr, che cercava di proteggere la donna.

    Indizi rivelatori trovati sul corpo: un'ossessione per Chamila

    Sul corpo di De Maria sono stati trovati oggetti che dimostrano un'ossessione malata verso Chamila, inclusa una foto strappata del suo documento e una ciocca dei suoi capelli. Gli investigatori ora devono rimettere insieme le ultime 48 ore della vita dell'uomo per capire meglio i fatti.

    La telefonata alla madre dopo il delitto e la fuga successiva

    Dopo aver lasciato il corpo di Chamila, De Maria chiama la madre con il cellulare della vittima dicendo: "Vi chiedo perdono, ho fatto una cazzata", poi abbandona il telefono in un cestino, ritrovato più tardi da un dipendente dell'ATM.

    L'attacco a un collega e il suicidio a Milano

    Nel cuore di Milano, De Maria aggredisce un altro collega per motivi di gelosia o vendetta, colpendolo più volte e fuggendo. Ore dopo, si suicida gettandosi dalle impalcature del Duomo, lasciando la città sotto shock.

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