Processo Ruby Ter, la durissima requisitoria del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano accusa duramente Silvio Berlusconi, tra gli imputati - insieme ad altre 28 persone - per le famose serate di Arcore. Tra gli imputati anche una ventina di ex ospiti delle famose 'cene eleganti', tra cui la stessa Karima El Mahroug (alias Ruby), che sarebbero state stipendiate con versamenti e regalie per portare nei processi sul caso Ruby proprio la versione del Cav, quella delle «cene eleganti».
Le indagini si chiusero nel 2015, il procedimento si chiude solo adesso: «Se un processo può arrivare ad una pronuncia di primo grado dopo 8 anni vuol dire che il sistema ha fallito», ha detto la pm. Silvio Berlusconi era un uomo «che poteva avere il mondo ai suoi piedi, che si accompagnava con amicizie come quella con Putin, colui che ora sta mettendo in ginocchio il mondo» e oggi «quello che processiamo è un grande anziano, un uomo malato», ha aggiunto la Siciliano.
«I fatti sono stati già consegnati alla Storia, indipendentemente dalle nostre valutazioni e da quella delle difese, questo fatto non è già più nostro ma consegnato alla Storia: il presidente del Consiglio in carica usava sistematicamente allietare le proprie serate ospitando a casa propria gruppi di odalische, schiave sessuali a pagamento», ha spiegato la pm iniziando anche a parlare del «pagamento delle testimoni», ossia delle cosiddette 'olgettine', al centro dell'accusa di corruzione in atti giudiziari. Ragazze che, ha aggiunto Siciliano, «lo divertivano, trascorrevano alcune la notte con lui e questi fatti, chiusi con sentenza passata in giudicato, sono stati cristallizzati come fatto storico: l'attività di un consolidato sistema prostitutivo». E il «dato inoppugnabile è che le due sentenze passate in giudicato entrano a far parte del processo di cui trattiamo».
Prima Siciliano aveva affermato che nel caso Ruby ter si sta processando un uomo che è stato «alla Presidenza del Consiglio», tra le persone «più ricche del mondo», che «aveva il potere di modificare lo Stato» e che oggi invece «è un grande anziano malato», di cui «conosciamo la vita privata perché di interesse giornalistico e guardiamo a questo con tenerezza e compassione». E dall'altra parte «processiamo un gruppo di donne la cui caratteristica principale, causativa dei guai, è la bellezza, ormai passata, all'epoca erano molto giovani».
«La nostra epoca guarda con ribrezzo a questa violenza orribile perpetrata nei confronti delle donne», ha detto la pm riferendosi in particolare alle deposizioni di Ambra Battilana e Chiara Danese, due delle giovani che assieme a Imane Fadil sono state testimoni chiave dell'accusa per ricostruire le serate del «bunga-bunga» di Arcore in cui, ha aggiunto il pm, Emilio Fede «le offriva al Sultano», ossia Berlusconi, «a completamento dell'harem specificando 'mangia dal mio piatto'».
Il procuratore aggiunto ha esordito nella requisitoria (che si chiuderà il 25 maggio) così: «Pensavo, venendo in macchina, che se ci fosse una sorta di lettore del pensiero la parola statisticamente stamani più passata nelle menti di chiunque, dai giornalisti al personale di sorveglianza e agli avvocati, è 'finalmentè che contiene soddisfazione, l'elemento positivo della conclusione». E ancora: «Io devo dire che sono fuori dal coro, non riesco ad esprimere una reale soddisfazione, è stato un impegno faticoso in questi anni, lavorativo e psicologico, ma non posso dire finalmente perché se un processo può arrivare alla pronuncia di primo grado dopo 8 anni vuol dire che il sistema ha fallito».
Imane Fadil, una delle testimoni chiave dell'accusa nei processi sul caso Ruby morta nel 2019 per una rara malattia, «aveva paura, una paura che l'ha accompagnata fino alla morte, un timore che il giro che l'ha accompagnata fino alla morte fosse davvero pericoloso e potente». Sulla morte di Fadil all'inizio si indagò anche per omicidio. Fadil ha «alimentato in noi un profondo desiderio di giustizia», perché questi «reati di gravità straordinaria feriscono» non solo l'amministrazione della giustizia ma anche «le persone».
Dopo aver fatto riferimento a tutte le testimonianze delle ex ospiti di Villa San Martino, quelle che parlavano di «cene normalissime e conviviali» in fotocopia (deposizioni ritenute false dalle sentenze dei processi sul caso Ruby), Siciliano ha parlato delle tre audizioni di Imane Fadil nelle indagini sul Ruby ter. Deposizioni che hanno portato «ulteriori riscontri» sulla verità delle serate a luci rosse ad Arcore e di ciò che avveniva (come quella della teste Melania Tumini, ex amica di Nicole Minetti, che parlò di «puttanaio»). «Ci sarebbe piaciuto tanto - ha spiegato il pm - avere con noi anche Imane Fadil, anche perché così voi avreste potuto apprezzare questa persona così particolare, che ci ha toccato».
Questi reati, ha proseguito, «fanno male alla collettività, alla amministrazione giustizia e alle persone, persone come Fadil sono state stritolate da questo sistema, nelle sue dichiarazioni non c'era revanscismo o tentativi di alzare il prezzo, ma una ferita profonda e aperta in lei e aveva paura di cose non esplicite, ma di cose più grandi di lei». Emilio Fede, invece, ha spiegato ancora, l'aveva portata ad Arcore «come un giocattolo da esibire a Berlusconi» con in cambio per lei «un 'contrattinò televisivo». Lei «non lo trovava giusto, voleva ribellarsi». A Villa San Martino, ha detto ancora il pm, «si esercitava la prostituzione per un lungo periodo» e il Cavaliere «era il sultano con le odalische».
Il procuratore aggiunto di Milano Tiziana Siciliano, che rappresenta l'accusa col pm Luca Gaglio nel processo sul caso Ruby ter a carico di Silvio Berlusconi e altre 28 persone, ha chiesto nella prima parte della sua requisitoria ai giudici della settima penale di «revocare» l'ordinanza da loro emessa lo scorso novembre con cui hanno dichiarato «inutilizzabili» le deposizioni rese da una ventina di ragazze, ex ospiti delle serate di Arcore, nei due processi sul caso Ruby. Un'ordinanza che potrebbe avere effetti negativi per l'accusa sia per il reato di falsa testimonianza che per quelli di corruzione in atti giudiziari. Per i giudici, in sostanza, le giovani quando furono sentite nei processi dal 2011 in avanti dovevano essere già indagate per corruzione in atti giudiziari e non semplici testi.
Quell'ordinanza per Siciliano è stata «un colpo di scena» e non si può dire che «queste signore avevano davvero la posizione di indagate sostanziali» già all'epoca. Da qui la «precisa» richiesta di revoca della decisione, tenendo conto semmai che, ha aggiunto il pm, «se dovessero emergere elementi che potrebbero far dubitare della correttezza processuale», ossia di come sono state assunte quelle deposizioni, «si vada anche verso un procedimento disciplinare, se c'è stata davvero una omissione e invito il collegio a valutare serenamente». Siciliano all'epoca si occupò di un filone di indagini su due ragazze, Barbara Guerra e Alessandra Sorcinelli, con la collega Grazia Pradella: «Io c'ero». E ha sostenuto che in quel periodo non c'erano elementi per poter iscriverle, «non c'era niente, su cosa avremmo dovuto iscrivere?».
«Prove evidenti della corruzione sono state cercate e da noi trovate, evidenti, con grande soddisfazione», ha spiegato Siciliano nella requisitoria nella parte in cui ha chiarito che solo le indagini da lei effettuate, assieme al pm Luca Gaglio e alla polizia giudiziaria, hanno portato ad individuare elementi sulla presunta corruzione in atti giudiziari. E ciò per spiegare anche che, quando le ragazze venivano sentite nei processi sul caso Ruby, non si poteva già iscriverle per quel reato. Da qui la richiesta di revoca dell'ordinanza con cui i giudici hanno dichiarato inutilizzabili le deposizioni delle giovani, accusate nel processo di aver detto il falso in cambio di soldi e regalie dall'ex premier. «Abbiamo trovato dati, fotografie, screenshot, messaggi, materiale probatorio incontaminato che nessuno aveva analizzato prima, materiale a nostra disposizione per la prima volta - ha detto Siciliano - abbiamo fruito di documentazione bancaria, per costruire una solida base documentale che riempisse di significato ciò che prima erano solo sospetti». Siciliano, parlando del fascicolo di cui era titolare ormai più di una decina di anni fa su due ragazze e nel quale non c'erano elementi per indagarle, ha fatto riferimento anche ad Ilda Boccassini, titolare all'epoca dell'inchiesta sul caso Ruby, da cui il leader di FI è stato assolto in via definitiva. «Boccassini aveva un senso di riservatezza, con lei non solo non potevi parlare di un'indagine, ma nemmeno dell'«esistenza di un'indagine, il suo fascicolo era blindato», ha detto. E quindi «istituzionalmente abbiamo fatto l'unica cosa possibile - ha aggiunto - abbiamo valutato se ci fossero elementi di coordinamento con la nostra indagine, non emergevano elementi per cui ci fosse questa osmosi tra i due uffici, questa è stata la valutazione del Procuratore (Bruti Liberati, ndr) a cui ci siamo rimessi e abbiamo archiviato il nostro fascicolo».
E ora «nel 2021 mi si dice che queste ragazze non potevano essere testi - ha aggiunto -. Alla luce di ciò che sappiamo ora è evidente, ma all'epoca no, si parlava di cifre risibili rispetto al patrimonio di Berlusconi», ossia erano questi i versamenti emersi all'epoca. «Noi ora sappiamo tutto, anche di più di quello che serve, all'epoca la realtà presentata al Tribunale nei processi era incredibile, una teste disse 'un puttanaio'», ha detto ancora il pm sempre nei passaggi della requisitoria per chiedere ai giudici la revoca di quell'ordinanza che potrebbe far crollare le accuse cancellando le false testimonianze.