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Terza dose da sei a cinque mesi dalla prima dose : Controindicazioni?

  • La situazione pandemica in Italia peggiora, anche se molto lentamente grazie al successo della campagna vaccinale, ma c’è una tendenza all’aumento del tasso di occupazione dei posti letto in area medica ed intensiva.

    Per contrastare l'aumento dei casi ed evitare ritardi che sarebbero pericolosi, la politica sta pensando a vari interventi, tra cui l’obbligo vaccinale per alcune categorie maggiormente esposte al virus e l’ipotesi di una riduzione a 5 mesi dell’intervallo tra la fine del ciclo primario di vaccinazione e la dose booster, la terza dose.

     Dal punto di vista medico è un’opzione valida?

    «Sicuramente non pone alcun problema — risponde al Corriere Antonella Viola, immunologa dell’Università di Padova —. Anche per persone che avessero anticorpi ancora “alti”, incontrare il virus per via naturale avrebbe lo stesso effetto di “richiamo” del booster. Ci sono virus che incontriamo di continuo nella nostra vita e che stimolano costantemente il sistema immunitario.

    La terza dose agisce nel medesimo modo. Non è un pericolo. Sono più a rischio quelle persone, e non sono poche, che hanno superato i sei mesi dalla seconda dose, ad esempio sanitari o insegnanti che sono stati vaccinati per primi e hanno meno di 40 anni, quindi attualmente sono esclusi dalla terza dose.

    Bisognerebbe somministrare i richiami con flessibilità: cinque o sei mesi non cambia, ma dovremmo aprire, come negli Usa, a tutte le età per arrivare a comprendere nel potenziamento vaccinale anche chi è stato vaccinato all’inizio». C'è la possibilità molto concreta di ricevere un vaccino diverso dalle prime due somministrazioni.

    È un problema?

    «No. Nel caso di Moderna per chi ha ricevuto Pfizer (o viceversa) sono due vaccini basati sull’Rna e agiscono allo stesso modo per stimolare il sistema immunitario. E nel caso di AstraZeneca (o Johnson & Johnson) si è proprio visto che ricevere una vaccinazione di altro tipo (eterologa) ha stimolato in maniera ancora maggiore le difese immunitarie».

    I pareri sulla riduzione dei tempi «Ci sono evidenze da Israele che la terza dose ha contribuito non solo a rafforzare la protezione rispetto alla malattia grave o addirittura fatale, ma anche a ridurre marcatamente la circolazione virale», ha spiegato a Sky TG24 il coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts) Franco Locatelli. «Accorciare un po’ l’intervallo non avrebbe effetti negativi e potrebbe accelerare la campagna vaccinale.È un elemento da valutare con una certa attenzione», ha dichiarato nella conferenza stampa del venerdì il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza.

    È più cauto Massimo Andreoni, primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma: «Sarebbe meglio un po’ di cautela e non cambiare le regole in corso d’opera – dichiara all’Adnkronos -. Per alcune categorie, penso agli over 80 o ai fragili, si può pensare di anticipare la terza dose anche dopo 5 mesi, perché in alcuni casi la risposta anticorpale può essere debole e un richiamo è necessario.

    Ma non è una regola generale che può valere per tutti». Poi ha precisato: «Chiarisco che dal punto di vista clinico un anticipo di un mese non è rischioso, ma potrebbe significare fare una terza dose a chi ha un risposta anticorpale ancora molto elevata».

    Aspetteremo di vedere come si evolverà la situazione,man mano che saranno effettuate le terze dosi.

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