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Paralimpiadi di Pechino, atleti russi minacciano gli avversari ucraini: «Bombarderanno le vostre famiglie»

  • «Peace!», pace, urlato forte nello stadio con le braccia alzate e le mani chiuse a pugno. Andrew Parsons, il presidente del Comitato Paralimpico Internazionale, ha voluto concludere così il suo discorso alla cerimonia che ha aperto i Giochi Paralimpici Invernali di Pechino. Le sue parole sono state un forte richiamo al messaggio di unione e di pace che deve arrivare dallo sport, quello paralimpico in particolare, che fa dell’inclusione un punto fondamentale.

    Proprio il giorno prima il Consiglio di Ipc aveva dovuto escludere gli atleti russi e bielorussi, a seguito delle forti proteste giunte dai vari Comitati e delegazioni nazionali, dopo che in un primo momento era stato deciso di farli gareggiare senza bandiera e inni, in maniera neutrale. Una delle ragioni si può comprendere anche dal racconto fatto da Richard Whitehead, grande atleta britannico amputato, a Good Morning Britain sulla situazione al Villaggio paralimpico con insulti e minacce di atleti russi e bielorussi contro ucraini: «Ho sentito molti messaggi di indottrinamento all’interno della comunità russa, e messaggi che gli atleti russi stanno inviando agli atleti ucraini sui bombardamenti delle loro case. Li ho visti e includono minacce di bombardare le loro famiglie a casa. È terribile. È un comportamento disgustoso».

    Parole giunte pare proprio dopo l’esclusione decisa dal Comitato Paralimpico Internazionale. Luca Pancalli, storico presidente del comitato Paralimpico italiano e nel board di Ipc, ha spiegato che non si poteva fare altrimenti: «La prima nostra decisione andava esattamente nella direzione indicata dal presidente Zelenski, quella di saper distinguere le decisioni del Governo russo da quello che è invece il popolo russo. Poi nelle ore successive sono cambiate delle situazioni, sono anche intervenuti alcuni governi sulle proprie delegazioni e anche il clima al Villaggio è diventato più pesante. Per salvare la Paralimpiade non si poteva fare altrimenti».

    Al Nido d’Uccello, lo stadio di Pechino che per la seconda volta ospitava una cerimonia d’apertura paralimpico dopo quella del 2008, ci sono stati lunghi applausi all’entrata della delegazione ucraina, giunta due giorni prima della cerimonia. Il presidente del Comitato Paralimpico ucraino, Valeriy Sushkevych, è entrato e ha sfilato con il pugno alzato, come ha fatto notare Pancalli: «Lo ha fatto in segno di lotta, è stato un momento molto pesante dal punto di vista emotivo per tutti».

    Parsons nel suo discorso è stato molto duro e ha voluto insistere sul messaggio che lo sport paralimpico può portare: «In qualità di leader di un’organizzazione con l’inclusione al centro, in cui la diversità viene celebrata e le differenze abbracciate, sono inorridito da ciò che sta accadendo nel mondo in questo momento. Il 21° secolo è un momento di dialogo e diplomazia, non di guerra e odio. Noi di IPC aspiriamo a un mondo migliore e più inclusivo, libero da discriminazioni, odio, ignoranza. E libero dal conflitto. I paralimpici sanno che un avversario non deve essere un nemico e che uniti possiamo ottenere di più, molto di più. Il Movimento Paralimpico invita le autorità mondiali a riunirsi, come fanno gli atleti, e promuovere la pace, la comprensione e l’inclusione. Il mondo deve essere un luogo di condivisione, non di divisione. Il cambiamento comincia con lo sport. Non solo può portare armonia, ma può essere un catalizzatore per trasformare la vita di persone, città e paesi».

    Ha anche ricordato come sia stata ancora una volta violata la tregua olimpica e paralimpica: «La Tregua per la Pace durante i Giochi Olimpici e Paralimpici è una risoluzione delle Nazioni Unite adottata per consenso da 193 Stati membri alla 76a Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Deve essere rispettato e osservato non violato».

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