Dopo il primo caso di vaiolo delle scimmie diagnosticato dalle autorità sanitarie del Massachusetts alcuni giorni fa, altri contagi sono stati riscontrati anche nel "Vecchio Continente": il 16 maggio l’Agenzia sanitaria del Regno Unito ne ha registrati altri quattro – tre a Londra e uno nel Nord-Est del Paese – ma soggetti positivi sono stati rilevati anche in Spagna (soprattutto a Madrid) e Portogallo. Di oggi la notizia che c'è un caso di vaiolo delle scimmie anche in Italia. Si tratta di un giovane che nei giorni scorsi è rientrato dall’estero, dalle Isole Canarie, e ora è ricoverato nel reparto di malattie infettive all’Istituto Spallanzani di Roma.
Il nome di questa malattia evoca scenari inquietanti, ma fortunatamente l'evoluzione clinica è generalmente favorevole sebbene i sintomi siano simili a quelli del vaiolo umano. Circa 12 giorni dopo l’esposizione, i soggetti infettati manifestano febbre, mal di testa, dolori muscolari, mal di schiena, linfonodi gonfi, malessere generale e spossatezza. Nell’arco di 1 –3 giorni (talvolta anche di più) dall’insorgenza della febbre, il paziente sviluppa eruzione cutanea pustolare, che appare solitamente prima sul volto ma a volte anche su altre parti del corpo. Come spiega l'Istituto Superiore di Sanità "in Africa il vaiolo delle scimmie è fatale in circa il 10% delle persone che contraggono la malattia".
Il vaiolo delle scimmie è una rara malattia virale che si trova soprattutto nei paesi tropicali dell’Africa centrale e occidentale. È stata chiamata in questo modo perché fu scoperta nelle scimmie da laboratorio nel 1958 ma in seguito studi su animali hanno riscontrato evidenze virologiche d’infezione negli scoiattoli, che si ritiene svolgano un ruolo importante come ospiti naturali del microbo. Studi di laboratorio hanno inoltre dimostrato che l’infezione da vaiolo delle scimmie può verificarsi anche in ratti, topi e conigli. Ma quanto dobbiamo preoccuparci di questa malattia? Fanpage ha interpellato e pubblicato una intervista con il professor Massimo Galli, già primario del reparto di malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano.
Professore, cos'è il vaiolo delle scimmie?
Parliamo di un'infezione causata da un orthopoxvirus che somiglia, per molti aspetti, al virus del vaiolo, dal quale tuttavia è abbastanza lontano dal punto di vista evolutivo e filogenetico. Probabilmente il virus non si è evoluto nella scimmia bensì nel suo animale ospite che con molta probabilità è uno scoiattolo africano selvatico. Tale virus è già venuto alla ribalta nel 2003, quando si registrò una piccola epidemia negli Stati Uniti: a causarla fu l'importazione di un grosso ratto chiamato cricetomys gambianus che delle persone volevano, bontà loro, tenere in casa come animale da compagnia. Ebbene, l'epidemia causò un discreto problema sanitario anche se le infezioni umane non furono particolarmente gravi e la sintomatologia fu blanda. La letalità nell'epidemia statunitense fu pari a zero.
Ancora una volta, dunque, il contatto tra umani e animali selvatici ha innescato un problema sanitario.
Quello che dimentichiamo fin troppo facilmente è che facciamo viaggiare molti, troppi animali selvatici da un capo all'altro della terra per usarli come animali da compagnia. Nel 2004 lessi un rapporto dell'US Fish and Wildlife Service – agenzia del Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti che si occupa della gestione e conservazione della fauna selvatica, della pesca e degli habitat naturali – secondo cui nei quattro anni precedenti negli USA erano stati importati milioni di animali selvatici tra mammiferi, pesci, anfibi e rettili. Tra questi animali c'era anche il cricetomys gambianus. È verosimile che anche i contagi di questi ultimi giorni dovuti al vaiolo della scimmia siano dovuti a questo tipo di dinamica.
Quando è stato individuato per la prima volta il vaiolo delle scimmie nell'uomo?
Il virus venne trovato per la prima volta nel 1958 in una scimmia. Una dozzina d'anni dopo, nel 1970, si diagnosticò il primo caso su delle persone in quella che oggi è la Repubblica Democratica del Congo. Gli scienziati se ne accorsero perché il vaiolo umano nel frattempo era sparito, ma si scoprirono dei bambini con sintomi simili. Gli esami tuttavia accertarono che la causa non era vaiolo umano bensì quello delle scimmie. A differenza di quanto avvenuto negli USA decenni dopo, in Africa qualche morto ci fu anche se probabilmente influirono altri fattori, ad esempio la malnutrizione.
Come ha fatto il vaiolo delle scimmie ad arrivare in Spagna, Portogallo e Regno Unito?
Andrebbero individuati gli ospiti serbatoio naturali: potrebbero essere scoiattoli Funisciurus aneritrus o Funisciurus congicus, ma il virus può infettare anche scimmie e vari roditori come l'ormai famoso cricetomys gambianus, animale non gradevolissimo da vedere tanto che mi chiedo per quale motivo al mondo qualcuno debba decidere di allevarlo in casa. Comunque tant'è: è quasi certo che qualcuno abbia importato animali infetti e il fatto che il virus sia stato individuato in diverse nazioni mi fa pensare a uno "stock" problematico.
Come la pandemia di SarsCov2, quindi, anche in questo caso potrebbe esserci stato un salto di specie da parte del virus da animale a uomo?
Abbiamo un'enorme quantità di animali potenzialmente in grado di trasmetterci malattie. Tempo fa ho condotto una serie di lezioni sui virus che possono essere trasmessi dagli animali, che siano cani e gatti o specie esotiche. Talvolta le sorprese sono molto pesanti: di recente tre signori che vivevano in Germania sono morti a causa di un virus trasmesso loro da uno scoiattolo esotico che avevano deciso di allevare. Avere animali selvatici in casa implica sempre dei rischi che talvolta possono essere molto gravi.
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