In condizioni di estrema difficoltà, i giornalisti di Gaza continuano a lottare per mantenere il mondo informato. Nonostante i bombardamenti e le gravi carenze alimentari e sanitarie, questi professionisti non si arrendono. Sally, una corrispondente di Alkofiya TV, ha perso i sensi durante una trasmissione in diretta. Ma cosa è realmente accaduto?
Una crisi umanitaria senza precedenti: la fame come arma di guerra
Nel contesto di una crisi umanitaria senza eguali, la fame è diventata una silenziosa arma di guerra nella Striscia di Gaza. Sally Abdullah Thabit, intervistata da Fanpage.it, ha raccontato di aver svenuto durante un servizio televisivo. 'Stavo parlando di un massacro a Zekim, ma il mio corpo ha ceduto. Non mangiavo da quattro giorni', ha spiegato la giornalista, evidenziando le condizioni disperate in cui si trovano i reporter sul campo.
"Uccide in silenzio": le voci da una redazione allo stremo
'La fame uccide in silenzio, senza bombe', denuncia Thabit. L'assedio militare ha bloccato l'arrivo di aiuti umanitari, rendendo i prezzi delle poche verdure rimaste inaccessibili e causando malnutrizione nei bambini. 'Torno a casa dal lavoro sperando di trovare qualcosa da mangiare per i miei figli', condivide la giornalista, che vive quotidianamente tra il dovere di informare e la lotta per la sopravvivenza.
231 giornalisti uccisi: la libertà di stampa sotto attacco
Il conflitto ha visto la morte di 231 giornalisti in 21 mesi, secondo Al Jazeera. L'ultima vittima è Walaa Al-Jaabari, colpita da un raid israeliano. Thabit sottolinea che i giornalisti rimasti sono in pericolo e affamati, e che il loro lavoro è un atto di eroismo quotidiano in condizioni estreme di censura e pericolo.
L’appello ai colleghi: "Non dimenticate Gaza. Parlate di noi"
Sally Abdullah Thabit conclude con un appello ai giornalisti di tutto il mondo: 'Parlate di noi. Non dimenticate Gaza. Raccontate i bombardamenti, le distruzioni, i massacri, ma anche la fame che ci sta uccidendo'. Un invito a non voltarsi dall'altra parte e a continuare a coprire un conflitto che cerca di sopprimere ogni voce critica.
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