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Ciciliano: «Emergenza al termine, il Cts si dovrà sciogliere»

  • Le parole di Draghi in apertura del Consiglio dei Ministri fanno gioire il Paese. Si contiene Fabio Ciciliano, componente del comitato tecnico scientifico, dove «milita» dal 5 febbraio del 2020, giorno della sua istituzione. Poi il rinnovo del 17 marzo 2021 con una nuova compagine di esperti.

    È ora di chiudere anche il Cts? «È comunque una struttura d’emergenza, nata con e per la pandemia. Con la fine dell’emergenza è destinata a sciogliersi. Lo prevede la legge»

    Anche oggi vi siete riuniti per le indicazioni sulla scuola. La vostra funzione non sarà più necessaria? « Verso le fasi finali di ogni emergenza si passa al cosiddetto hand over . Le prerogative dell’organismo costituito per la gestione dell’emergenza vengono ricondotte nell’alveo delle gestione ordinaria, ad esempio ai ministeri competenti. A quel punto non ci sarà più bisogno di noi tecnici straordinari».

    Lei ha fatto parte del quintetto di esperti mai sostituiti, al lavoro per 2 anni consecutivi, con Franco Locatelli, Silvio Brusaferro, Giovanni Rezza e Giuseppe Ippolito . Che esperienza è stata? «Difficile da dimenticare, nel bene e nel male. Le sensazioni si sono alternate, a più riprese. Dall’angoscia iniziale, quando il Paese era chiuso, all’ottimismo di oggi. Anni contraddistinti da travaglio interiore. Noi elaboravamo pareri senza conoscere il nemico invisibile, il virus, di cui non si sapeva nulla. Abbiamo passato intere giornate in seduta permanente, si tornava a casa tardissimo, cena frugale, frenetico scambio di mail, un’ora di sonno per notte. Ti portavi dietro i pensieri, specie quando si doveva cercare quello che non c’era. Ricordo l’ossigeno. Le aziende riuscirono a produrne quantitativi 27 volte superiori al normale, ma non si trovavano le bombole. Mancavano le maschere per la ventilazione e qualcuno pensò di riadattare le maschere subacquee con un procedimento in stampa 3D»

    I dati oggi però volgono al bello. L’orizzonte si apre. «Finalmente. Le condizioni per guardare lontano ci sono tutte. Aspettiamo ancora qualche settimana per essere certissimi di poter saltare di gioia».

    I dati sono in netto miglioramento. «L’indice di trasmissione del virus Rt e il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva e nei reparti di medicina sono parametri in discesa veloce. Le proiezioni dicono che continuerà così. Il miglioramento è sostanziale».

    Il fatto che la discesa sia così accelerata è un elemento nuovo? «Nelle precedenti ondate la discesa non è mai stata tanto ripida. Anche nel 2020 il calo fu deciso ma l’Italia usciva da un lock down molto duro. Ora il merito è dei vaccini e del senso di responsabilità esibito dalla quasi totalità dei cittadini. La variante Omicron è stata meno aggressiva delle precedenti dal punto di vista clinico e ci ha dato una mano».

    Quindi è giusto insistere con provvedimenti severi diretti ai no vax per i quali, dopo i 50 anni, c’è anche l’obbligo di vaccinazione? «È paradossale che sia necessario l’obbligo per costringere queste persone a proteggere la loro salute. I fragili adesso sono loro».

    Cosa rivelano i numeri? «L’Rt lo scorso venerdì era sullo 0,98. Significa che un portatore di virus ne contagia meno di uno e questo accompagna l’epidemia verso lo spegnimento. Ci aspettiamo che domani, col nuovo monitoraggio, il valore scenda ancora».

    Però il numero dei morti fa ancora spavento. Perché la discesa di questa curva non è altrettanto rapida? «Le due tempistiche, delle infezioni e della mortalità, non possono essere paragonate. La seconda è condizionata da molte variabili. Le condizioni di partenza del malato, l’età, la precocità della diagnosi».

    La parola d’ordine è tana liberi tutti? «No, il messaggio è che siamo in una fase molto favorevole, però il livello di attenzione deve rimanere alto in quanto siamo ancora nella pandemia. Il virus circola, può sempre colpire ed è meglio non prenderlo perché può far male».

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