«È peggio di un crimine, è un errore». Lo diceva il capo della polizia Fouché a proposito della fucilazione del duca d'Enghien orchestrata da Napoleone e Talleyrand. Nelle ultime settimane Vladimir Putin ha compiuto sia crimini sia errori. Ma al termine di una giornata come quella di ieri sono gli errori ad essere venuti al pettine. Anzi: al pettine è venuto l'errore per antonomasia, quello di avere voluto una guerra che nessun analista aveva previsto perché nessuna analisi razionale poteva giustificarla.
Il leader del Cremlino ha commesso lo sproposito geopolitico più grave dai tempi di Hitler. Voleva allontanare la Nato dai confini della Russia e ha ottenuto il risultato di gettare Svezia e Finlandia, ufficialmente neutrali dal 1949, nelle braccia dell'Alleanza Atlantica. Ora si troverà soldati americani fino all'estremo Nord della Carelia. Voleva dimostrare la potenza delle modernizzate forze armate russe e si ritrova con un esercito logorato e quasi umiliato dalla modernità di armi e tattiche usate dagli ucraini. Anche a voler prendere con le tenaglie gli annunci di Kiev sulle perdite russe in uomini e mezzi, non si sfugge all'impressione che per i generali di Mosca la botta sia stata dura. Come se questo non bastasse sono arrivati i missili sull'ammiraglia della flotta, l'incrociatore Moskva. Dal punto di vista strategico il piano per il controllo dell'intera area costiera ucraina potrebbe essere ora in pericolo. Dal punto di vista simbolico in tempi moderni si può ricordare solo un precedente di gravità paragonabile: l'affondamento dell'incrociatore argentino General Belgrano durante la guerra delle Falklands.
Errore dopo errore, valutazione sbagliata dopo valutazione sbagliata, l'uomo del Cremlino è finito con le spalle al muro. Minaccia la fine della denuclearizzazione del Baltico, lancia avvertimenti quotidiani sul taglio delle forniture di gas e petrolio, rafforza le sbarre della prigione in cui ha rinchiuso il suo popolo. Guardando alle prospettive future è la nota più cupa di un quadro già di per se' non allegro. Il leader, duro ed implacabile ma razionale e calcolatore, che avevamo conosciuto nel passato ha dimostrato di non capire più il mondo che lo circonda. Con tutta probabilità, e per quanto se ne possa capire, ha perso ogni credibilità anche tra le file dell'élite di potere che ha prosperato intorno a lui. Ma il meccanismo che ha abilmente creato fa sì che sia sempre in grado di tenere in mano il pallino, ed è difficile se non impossibile pensare che una congiura di palazzo possa in tempi prevedibili sbloccare l'impasse.
Nonostante l'errore (o il crimine) compiuto ai danni del duca d'Enghien sia Napoleone sia Talleyrand rimasero al potere per molti anni ancora. Per Putin potrebbe essere lo stesso. Bisogna sperare che il prezzo che il mondo dovrà pagare non sia troppo alto.
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