È una guerra per ora solo di nervi quella che si sta consumando tra l'Occidente e Vladimir Putin sulla frontiera ucraina. All'indomani dell'annuncio del Cremlino sulla fine parziale delle esercitazioni e il rientro dei soldati alle loro basi, la Nato continua a non vedere «alcun ritiro delle truppe russe dai confini dell'Ucraina. Anzi - ha accusato il segretario generale dell'Alleanza Jens Stoltenberg nel corso della ministeriale Difesa a Bruxelles - Mosca sta inviando altre forze».
L'Occidente, immagini satellitari alla mano, teme insomma il bluff dello zar e oggi si è mostrato unito come non mai nel respingere l'assalto ibrido russo per forzare la mano a Europa, Usa e Nato su un nuovo assetto di sicurezza. Con l'Alleanza che sta valutando un rafforzamento «di lungo termine» del fianco est e l'Italia, rappresentata dal ministro Lorenzo Guerini, che si è detta «pronta a fare la sua parte» sull'invio di truppe per la deterrenza. Certo, segnali di apertura diplomatica da Mosca ci sono, tutti i leader lo riconoscono. «Dopo le parole però adesso ci vogliono i fatti», ha sintetizzato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.
Se di distensione si tratta, è al rallenty. Come confermano anche le parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky: «Le truppe russe non se ne vanno davvero, si avvicendano», ha avvertito, aggiungendo quasi a farsi coraggio che il suo Paese «non teme nulla e nessuno» ed è pronto a difendersi. Accogliendo al quartier generale i 30 ministri della Difesa alleati, Stoltenberg non a caso ha definito le «minacce militari» della Russia come un tentativo d'imporre «una nuova normalità» nell'est. E ottenere concessioni. Ma ha anche professato «cauto ottimismo» per la volontà manifestata da Putin di voler proseguire il percorso della diplomazia.
In Crimea d'altra parte le immagini rilanciate dai media mostrano i mezzi russi lasciare la penisola - annessa nel 2014 - attraverso il ponte costruito (a caro prezzo) dai fratelli Rotenberg, oligarchi di nuovo conio e pezzi da novanta del cerchio magico di Vladimir Putin. Il ministero della Difesa ha inoltre annunciato che quando le esercitazioni congiunte con la Bielorussia termineranno (il 20 di febbraio) gli effettivi faranno rientro in patria. «Vorrei chiedere alle fonti di disinformazione statunitensi e britanniche di pubblicare il programma delle nostre imminenti invasioni per l'anno: mi piacerebbe pianificare le mie vacanze», ha sferzato caustica la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova.
La tanto paventata invasione prevista da Washington e Londra fin quasi nell'orario preciso, non si è infatti materializzata. Ma per una colonna di tank che fa rientro negli hangar, c'è un'altra esercitazione che inizia, questa volta nel Mediterraneo. Con i bombardieri a lungo raggio a capacità nucleare e i jet da combattimento armati di missili ipersonici dislocati nella base aerea siriana di Khmeimim. Mosca, dal canto suo, ora si gioca la carta delle contro accuse. E' l'Occidente che rimpinza di armi l'Ucraina per «spingerla alla guerra» o a «una provocazione» nel Donbass e al contempo reputa «positiva» l'offerta di Joe Biden a continuare il dialogo. Putin ha poi per il momento declinato la richiesta della Duma di riconoscere le repubbliche separatiste filo-russe di Donetsk e Lugansk poiché «non in linea» con il trattato di Minsk. Come dire: noi rispettiamo i patti.
Parole di pace, se così si può dire, arrivano anche dall'Alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell (non certo un russofilo), che ha invitato a considerare le «legittime preoccupazioni» della Russia in termini di sicurezza. L'intesa finisce ad ogni modo qui. Borrell ha parlato chiaramente di uno «scontro di valori» tra il «democratico» Occidente e «l'autoritaria Russia», che teme il successo dell'Ucraina perché sarebbe la sconfitta del suo modello.
Il coordinamento allora continua: domani si terrà il Consiglio Ue informale sulla crisi ucraina, l'incontro alla Nato con gli omologhi di Ucraina e Georgia e sabato la riunione dei ministri degli Esteri del G7. In serata c'è stata l'ennesima telefonata tra Biden ed Olaf Scholz, mentre il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è a Mosca per incontrare Serghei Lavrov dopo la tappa di martedì a Kiev. L'Ue ha promesso che «non abbandonerà mai» il popolo ucraino ma Berlino non nasconde di essere pronta ad andare incontro al Cremlino su qualche aspetto. Tipo tempi di attesa lunghi sull'eventuale ingresso di Kiev nella Nato, che però la Russia ribadisce di non poter accettare né ora né mai.