In un tranquillo asilo di Soci, nella provincia di Arezzo, si svolgeva ogni giorno il consueto arrivo dei bambini, un momento di normalità in un ambiente dedicato al gioco e alla scoperta.
La scuola rappresentava per i più piccoli un vasto terreno di esplorazione. Tuttavia, nessuno avrebbe potuto prevedere che un semplice dettaglio dell'abbigliamento potesse trasformarsi in una minaccia mortale.
Il piccolo Leonardo Ricci, di soli 2 anni, giocava ignaro nel cortile quando il cordino della sua felpa si impigliò in un ramo, trasformando un momento di allegria in una tragedia.

La dinamica dell'incidente è stata rapida e devastante, interrompendo bruscamente la vivacità del luogo e lasciando spazio a un silenzio carico di paura. La legge vieta esplicitamente l'uso di lacci come quello che ha causato l'incidente, una normativa che esiste da oltre un decennio e che impone severi standard di sicurezza sui capi d'abbigliamento infantili.
La direttrice creativa di Monnalisa, Barbara Bertocci, ha sottolineato che i lacci non devono sporgere né formare anelli, per prevenire rischi significativi.
Nonostante il divieto, la presenza di questi lacci sul mercato è spesso dovuta a capi vecchi o riciclati, o a produzioni di piccole realtà che non aderiscono agli stessi standard di controllo delle grandi marche.
Il caso di Leonardo ha riacceso l'attenzione su una problematica di sicurezza che non tollera eccezioni. In tutta Europa, la vendita di abbigliamento per bambini con lacci al collo è proibita per evitare incidenti come quello occorso a Leonardo.
Ulteriori dettagli sull'accaduto potrebbero emergere nelle prossime ore, gettando luce su una vicenda che ha profondamente scosso la comunità.