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Rivoluzione nell'assegno di invalidità dal settembre 2025

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    L'assegno di invalidità, erogato dall'INPS, è destinato a persone con una disabilità civile riconosciuta almeno al 74%. Questo sostegno economico è essenziale per coloro che, a causa di limitazioni lavorative, non possono guadagnare sufficientemente.

    Il diritto a tale assegno spetta a cittadini italiani, europei e non europei con permesso di soggiorno, che hanno almeno 18 anni e sono incapaci di lavorare parzialmente o totalmente. È inoltre necessario soddisfare specifici requisiti contributivi a seconda della situazione lavorativa.

    L'importo dell'assegno varia in base al grado di invalidità e ai contributi versati. L'INPS aggiorna annualmente l'ammontare per adeguarlo all'inflazione, garantendo un supporto proporzionato al costo della vita.

    La domanda per l'assegno si inoltra all'INPS online tramite SPID, CIE o CNS, oppure attraverso patronati e CAF. Una commissione medica valuta il grado di invalidità per determinare l'ammissibilità al beneficio.

    Recentemente, una decisione della Corte Costituzionale ha introdotto modifiche significative che prenderanno effetto dal settembre 2025. Con la sentenza n. 94 del 3 luglio, pubblicata il 9 luglio sulla Gazzetta Ufficiale, si è stabilito che anche gli assegni calcolati con metodo contributivo possono ricevere un'integrazione al trattamento minimo se l'importo è insufficiente.

    I giudici hanno ritenuto incostituzionale una norma della Riforma Dini (legge n. 335/1995), che escludeva queste prestazioni dall'integrazione, violando i principi di uguaglianza e di tutela dei mezzi di sussistenza previsti dalla Costituzione.

    La sentenza sarà applicabile dal 10 luglio 2025 senza effetti retroattivi. Tutte le domande presentate o liquidate da quella data in poi, così come le prestazioni già in corso, avranno diritto all'integrazione, ma solo per il futuro.

    I beneficiari saranno i cosiddetti "contributivi puri", che potranno vedersi integrato l'assegno fino al trattamento minimo INPS, rispettando i limiti di reddito personali e familiari. L'onere dell'attuazione spetta ora all'INPS, con i patronati già attivi nel sollecitare l'istituto a emettere le necessarie circolari operative.

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