La Flottiglia Global Sumud è stata recentemente intercettata da navi militari israeliane mentre si trovava a meno di 70 miglia dalla costa di Gaza. Più di 200 attivisti sono stati arrestati e saranno deportati dal porto di Ashdod. Tra gli arrestati figurano trenta italiani, inclusi l'eurodeputata Scuderi e il senatore Croatti. Il ministero degli Esteri israeliano, Saar, ha rassicurato tramite un post su X che 'Greta Thunberg e i suoi amici sono sani e salvi', allegando un video dell'arresto dell'attivista svedese. Si prevede che i rimpatri avranno luogo a partire da venerdì. Nonostante le azioni di intercettazione, 'ventitré imbarcazioni continuano la loro corsa verso Gaza, ora a soli 46 miglia nautiche di distanza', ha comunicato la flottiglia.
Alcune navi, come quella proveniente dalla Florida, sono state oggetto di attacchi diretti, inclusi speronamenti e colpi di cannoni ad acqua. Ma perché Israele non avrebbe dovuto attaccare la Flotilla? La risposta risiede nella cornice giuridica internazionale. Le navi si trovavano in acque internazionali, dove secondo l'articolo 87 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, è garantita la libertà di navigazione.
Questo principio è fondamentale nel diritto internazionale e si applica a tutti gli Stati, inclusi quelli che non hanno firmato formalmente la Convenzione, come Israele. Gli articoli 88 e 89 stabiliscono che i mari internazionali non possono essere soggetti alla sovranità di nessuno Stato e devono essere usati solo per scopi pacifici. La missione della Flottiglia mirava a raggiungere le acque vicino a Gaza, che non sono acque israeliane ma zone marittime sotto la giurisdizione della Palestina, che nel 2015 ha esteso il suo mare territoriale a 12 miglia dalla costa.
Il blocco navale imposto da Israele, in atto da anni, è considerato in violazione del diritto internazionale umanitario. Secondo il Manuale di San Remo, un blocco diventa illegittimo quando provoca danni sproporzionati alla popolazione civile rispetto ai vantaggi militari che apporta. A Gaza mancano beni essenziali come cibo, medicine e carburante, e le norme internazionali richiedono che la potenza che impone un blocco consenta il passaggio di aiuti umanitari indispensabili.
Le imbarcazioni della Global Sumud Flotilla operano nel pieno rispetto del diritto del mare e del diritto umanitario, cercando di colmare un vuoto lasciato da stati e organizzazioni internazionali. Molti governi, invece di sostenere questa missione umanitaria, chiedono il rispetto di un blocco privo di qualsiasi legittimità legale. I paesi sotto la cui bandiera navigano le navi avrebbero il dovere di proteggere l'iniziativa e garantirne l'arrivo a destinazione.
Questa situazione evidenzia la fragilità del diritto internazionale quando non viene rispettato dagli Stati, e la responsabilità di chi, potendo esercitare pressione diplomatica, sceglie invece il silenzio o l'acquiescenza.