"Mamma, tuo figlio prigioniero ti sta aspettando". Con questo slogan il ministero della Difesa ucraino annuncia alle famiglie russe la possibilità di riabbracciare e riportare in patria i militari della Federazione catturati. Appellandosi direttamente al cuore delle mamme, ancora una volta, Kiev prova anche a fare pressione sul ritiro spontaneo delle truppe nemiche. "Noi ucraini, a differenza dei fascisti di Putin, non combattiamo con le madri e i loro figli prigionieri: ti aspettiamo a Kiev dove tuo figlio ti sarà riconsegnato". A seguire numeri di telefono da contattare e "consigli" per mettersi in viaggio via terra, a causa della chiusura degli spazi aerei.
Il messaggio è più che eloquente e rientra nella campagna "sentimentale" portata avanti dall'Ucraina che si sente occupata da fratelli. Nella foto c'è un soldato della Federazione fatto prigioniero dall'esercito ucraino e alle sue spalle una donna che lo piange. Tante altre immagini di giovanissimi soldati catturati giornalmente vengono diffuse sui canali ufficiali ucraini, per permettere a chi li aspetta a casa di riconoscerli, in una campagna che sfocia spesso, dall'una e dall'altra parte, nella propaganda più crudele.
Fin dal primo giorno di invasione il governo ucraino aveva fatto appello alle mamme russe perché richiamassero i loro figli o impedissero loro in qualche modo di andare al fronte per combattere. Dal primo momento è stato anche attivato un numero verde per le famiglie russe per conoscere la sorte dei propri ragazzi, caduti o catturati. E nei giorni successivi era stato anche creato un sito online dove dalla Russia si potevano riconoscere documenti e accessori dei militari dell'esercito di Putin morti e vedere i videomessaggi di quelli fatti prigionieri.
Su questo filone l'ambasciatore ucraino all'Onu Sergiy Kyslytsya, durante la riunione speciale di emergenza dell'Assemblea Generale, aveva letto gli ultimi messaggi inviati alla famiglia da parte di un soldato russo morto nel conflitto. "Mamma, sono in Ucraina. Qui sta infuriando una vera guerra. Ho paura. Stiamo bombardando tutte le città...anche colpendo civili", avrebbe scritto il giovane ai suoi prima di morire.