Liliana Resinovich è scomparsa il 14 dicembre 2021 dopo essere uscita dalla sua abitazione a Trieste per fare alcune commissioni. Da quel giorno di lei non si sono avute più notizie. Nonostante avesse lasciato a casa i suoi effetti personali come telefono, borsa e portafoglio, il suo corpo è stato ritrovato il 5 gennaio 2022, celato fra i cespugli presso l'ex ospedale psichiatrico San Giovanni. Inizialmente si pensava a un suicidio per asfissia, causato da due sacchetti di nylon sulla testa, ma questa ipotesi non ha mai convinto suo fratello Sergio che ha sempre negato la possibilità di un gesto volontario da parte di Liliana.
Le incessanti richieste di verità da parte della famiglia hanno portato alla riesumazione del corpo di Liliana nel febbraio 2024 e a una nuova autopsia condotta dall'antropologa forense Cristina Cattaneo. Questi ulteriori esami hanno confermato la morte per asfissia, ma hanno rivelato anche segni di possibile aggressione antecedenti alla morte, portando a una svolta nell'indagine e evitando l'archiviazione del caso. Sergio, instancabilmente, ha dichiarato: "Abbiamo combattuto per ottenere giustizia e finalmente le cose cominciano a muoversi."
Liliana Resinovich, le parole del fratello Sergio: "Indagate sui parenti di Sebastiano"
"Non era un suicidio, lo abbiamo sempre detto. Era necessario indagare per omicidio." Queste le parole di Sergio Resinovich che non ha mai smesso di affermare che la morte di sua sorella Liliana non era volontaria. Dopo più di tre anni di lotta, ora che Sebastiano Visintin, marito di Liliana, è stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario, questa convinzione si rafforza. In un'apparizione televisiva su "Chi l'ha visto?", Sergio ha ribadito: "Abbiamo sempre detto che Liliana è stata uccisa." Egli ha anche instato affinché fossero indagati i parenti di Visintin, incluso il figlio.
Le indagini si sono concentrate su Sebastiano Visintin. Secondo gli investigatori, la mattina della scomparsa, l'uomo si era recato nel suo magazzino di coltelli e poi in bicicletta sul Carso, documentando il percorso con una GoPro. Elementi cruciali sono le immagini registrate e i vestiti indossati quel giorno, dai quali sono state rinvenute fibre compatibili con quelle trovate sul corpo di Liliana. Durante una perquisizione domiciliare recente sono stati sequestrati numerosi oggetti inclusi coltelli e indumenti ora sotto esame. "L'importante è che la verità emerga, anche se dolorosa", ha commentato Sergio.
Gli sviluppi dell'indagine sono stati corroborati da testimonianze e indizi raccolti dalla Procura. Dopo la scomparsa, Visintin avrebbe insinuato che si trattasse di un "incidente”, poi modificando la sua versione in "confusione”. Persone vicine alla situazione hanno riferito di essere state sottoposte a pressioni per non indagare ulteriormente. Claudio Sterpin, amico di Liliana, ha criticato il ritardo nell'avanzamento dell'indagine, ma ha espresso gratitudine per gli sforzi recenti della Procura.
Sebastiano Visintin si è temporaneamente allontanato da Trieste, raggiungendo l'Austria e poi Tarvisio, comunicando di stare bene attraverso un selfie. I suoi avvocati hanno affermato che rientrerà solo su convocazione della Procura. Sergio Resinovich è determinato a non arrendersi: "Non possiamo permettere che questa vicenda venga dimenticata. Liliana merita giustizia e noi continueremo a lottare per essa."