Cronaca

Il contrattacco dello Zar: "Li sputerò come moscerini"

È molto netto Putin quando parla di oppositori interni. Anzi, per usare il termine adoperato durante il suo ultimo discorso televisivo, di “traditori”. Il gergo dello “zar” dal 21 febbraio scorso è cambiato. Quello è stato il giorno del riconoscimento delle repubbliche separatiste, l'anticamera della guerra scoppiata poi il 24 febbraio.

E quando ha annunciato il conflitto Putin ha iniziato ad apparire molto più minaccioso. “Se vi intrometterete nelle questioni legate alla Russia – ha ammonito il presidente russo in quell'occasione rivolgendosi all'occidente – riceverete una risposta mai immaginata prima”.

Un tono minaccioso mai riscontrato e rintracciato nei 22 anni di potere. Tanto più alte sono le minacce, tanto più alta è la posta in palio. L'azzardo del presidente russo è ben riscontrabile nelle sue parole, prima ancora che nei suoi fatti. Putin sa di giocarsi tutto. Lui che in Crimea è arrivato senza sparare un colpo e che nel corso degli anni ha “inghiottito” sanzioni e mancate risposte dell'occidente senza ricorrere alla forza, per arrivare all'azione contro l'Ucraina vuol dire di essere ben consapevole dei rischi che sta comportando l'azione militare.

Da qui il gergo minaccioso e le intimazioni a non ostacolare i piani del Cremlino. L'elemento nuovo del discorso di ieri sera consiste però nel fatto che adesso le ire del leader russo sono orientate verso l'interno.

Putin vuole serrare i ranghi e fare “la conta” di chi c'è o non c'è. Il quadro è talmente delicato che non può esserci spazio a una posizione mediana. O si sta con la guerra oppure si è traditori. O si sta con il Cremlino oppure si rischia, nella ricostruzione del presidente russo, di lavorare per chi vuole disgregare la federazione.

Chi sta dall'altra parte della barricata è un “moscerino”. “So che l'occidente sta usando – ha dichiarato Putin – la cosiddetta quinta colonna, i nostri traditori, per raggiungere il suo obiettivo finale, che è la distruzione della Russia”. Ma questo non accadrà perché “ogni nazione, soprattutto quella russa – ha proseguito – è sempre capace di distinguere i veri patrioti dai bastardi e dai traditori, e sputare fuori questi ultimi come moscerini finiti per sbaglio in gola”.

Frasi e toni pesanti, degno peraltro del grave contesto attuale. C'è chi, commentando queste parole, ha parlato di “purghe”. Ma nell'idea di Putin non sembra essere contemplato un giro di vite di sovietica memoria. In realtà per il presidente russo la conta avverrà per una “selezione”, altro termine da lui utilizzato.

Chi non sarà d'accordo con la linea del Cremlino, verrà “spuntato fuori” per l'appunto. Verrà spinto ad andarsene. Se ne andranno gli oligarchi, etichettati da Putin come “connazionali che non sanno fare a meno del caviale”, se ne andranno coloro che sono attratti dalla retorica occidentale.

Forse è questo il vero motivo per cui da Mosca si vuole continuare la guerra. Il conflitto, con annesse sanzioni, è un modo per far rimanere in Russia soltanto coloro che appoggiano i piani dello “zar”, disposti a tutto pur di non far perdere alla federazione lo status di potenza. Lo scontro, esterno e interno, è destinato evidentemente ad andare avanti a lungo. Putin lo sa e dai suoi toni si intuisce come le varie sfide da lui lanciate siano soltanto all'inizio.