Mi piace pensare che portiamo dentro di noi un mondo invisibile. Spesso, nemmeno siamo consapevoli di questo giardino segreto, ma è lì, che conserva piccoli segreti e alcuni ricordi.
Poi improvvisamente, in un dato giorno, una chiave apre il nostro mondo invisibile e, senza difese, siamo sfidati a gestire ciò che abbiamo protetto così bene. In uno dei miei testi più letti: "Ciò che la memoria ama è eterno", ti dico che quando ero piccolo non capivo il pianto di mia madre quando leggeva un libro, guardava un film o ascoltava una canzone.
Ciò che non capivo è che mia madre non piangeva per le cose visibili, ma per l'eternità che viveva dentro di lei e che, nella mia infanzia, non ero in grado di capire.
Una canzone, un libro, un film, un inciampo non importante, un odore noto, un sapore sorprendente, una passione. Sono fattori scatenanti piccoli o grandi che possono riconnetterci con la nostra memoria, con la parte di noi stessi che ha ancora qualcosa da dirci, con la parte di noi stessi che deve essere guarita, con ciò che non può più essere rinviato.
Oggi, più di questo, credo che le relazioni che abbiamo nel corso della vita siano i principali fattori scatenanti per noi di entrare in contatto con il mondo invisibile che ci abita.
E questo è molto evidente quando finisce una relazione e non siamo in grado di disconnetterci da quella storia. Spesso non è la relazione a cui non siamo in grado di dire addio, ma la connessione che questa relazione ha instaurato con il nostro mondo invisibile, con la nostra catena di ricordi, così complessa, insondabile e magica.
Alcuni amori ci trafiggono e ci rivelano qualcosa che nemmeno noi sapevamo. Dopo aver provato questo tipo di amore, non saremo più gli stessi. Non si può tornare indietro.
Né te ne pentirai. Dobbiamo solo ringraziare noi stessi e andare avanti con la vita, comprendendo che anche se sono durati per un breve periodo, o meno di quanto vorremmo, erano necessari per noi per crescere.
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